Trascorrere una serata all’Arena di Verona per assistere ad un’opera è un’esperienza profondamente affascinante, che siate dei veri appassionati di lirica o che semplicemente vogliate vivere una serata speciale.
Andare all’Arena non significa solo vedere un’opera, è molto di più: è emozione pura.
Come per ogni occasione importante, l’eccitazione inizia già dall’attesa …sorprendersi a scrutare il cielo per capire se rimarrà sereno, rileggere il libretto per ripassare i dettagli della trama, dirigersi in Piazza Brà, dove l’antico anfiteatro troneggia maestoso.
Manca ancora un poco all’inizio dello spettacolo, giusto il tempo per fare due passi attorno all’Arena, osservando gli edifici storici che la circondano e curiosando tra le scenografie degli altri spettacoli in cartellone.
La stagione lirica prevede un calendario dove le opere si alternano durante tutto il corso dell’estate.
E’ quindi un continuo ed impegnativo montare e smontare, costruire e di nuovo scomporre, per lasciare spazio allo spettacolo successivo.
Così nel retro del teatro si accatastano ordinatamente dei piccoli mondi, dalla Mantova rinascimentale di Rigoletto all’antico Egitto di Aida.
Tutto deve essere pronto ad un rapido utilizzo, la macchina dell’Arena non conosce sosta.
Una serata all’Arena di Verona
E’ tempo di entrare, il primo gong ha già suonato, è il segnale che manca poco all’inizio della rappresentazione.
Si entra attraverso i caratteristici arcovoli, ritrovandosi d’un tratto al centro del teatro, tra luci, persone che cercano il proprio posto, hostess e quel caos elettrizzante che precede lo spettacolo.
Ma il primo vero spettacolo forse è già iniziato: è l’Arena stessa.
Le sue gradinate affollate, gli archi più alti – la cosiddetta ala dell’anello esterno – ancora scaldati dagli ultimi raggi del sole, la platea elegante, l’atmosfera di festa.
Terzo gong. Le luci sul pubblico si spengono. Il direttore d’orchestra fa il suo ingresso e sul palco ha inizio la rappresentazione.
Madama Butterfly, storia di un amore struggente
Questa sera va in scena la Madama Butterfly. Siamo nel Giappone dei primi Novecento.
Subito è un trionfo di comparse che si muovono armoniosamente sull’enorme palcoscenico, con i meravigliosi costumi del premio Oscar Emi Wada.
Le geishe, vestite dalla costumista giapponese con preziosi abiti tradizionali, si muovono a piccoli passi e fanno roteare i loro ombrellini dorati.
E’ l’entrata in scena di Butterfly, giovanissima sposa, illusa che il suo Pinkerton, tenente della marina americana, l’amerà per sempre.
Come non provare tenerezza per quella giovane donna che implora il suo amato con parole tanto dolci:
Vogliatemi bene
un bene piccolino,
un bene da bambino
quale a me si conviene.
E’ lei la protagonista, non solo per la sua presenza catalizzante sul palcoscenico, ma anche, a livello più intimo, per l’empatia che produce negli spettatori.
La sua illusione d’amore suscita tenerezza, “ella ci crede”, crede che un giorno lui tornerà.
Un bel dì, vedremo
levarsi un fil di fumo sull’estremo
confin del mare.
E poi la nave appare.
E poi la nave è bianca,
entra nel porto, romba il suo saluto.
Vedi? E venuto!
Ma l’amato farà ritorno con una spiacevole notizia: una nuova moglie americana lo accompagna e i due hanno intenzione di portarsi via il figlio che Butterfly ha partorito.
Le scene si susseguono una dopo l’altra, il pubblico è ormai rapito dalla storia, e intanto viene la notte, il cielo si fa blu ed una luna piena e luminosa si alza proprio dietro al palcoscenico, quasi fosse un coup de théâtre previsto dalla scenografia.
I movimenti fluidi e misurati del direttore d’orchestra sembrano voler rispettare il tono intimistico della rappresentazione, accompagnando in un crescendo il dolore straziante di Butterfly, protesa verso il pubblico nel suo kimono che ondeggia per la lieve brezza della sera.
Infine la tragedia si compie, Butterfly sacrifica la propria vita facendo harakiri per il bene del figlio, proprio nell’istante in cui arriva Pinkerton, forse pentito e ancora in cuor suo innamorato.
Un attimo di silenzio, poi il pubblico si alza in piedi ed uno scroscio di applausi accende l’Arena …un successo.
E’ il momento di tornare al tempo reale, abbandonare questo scenario unico, che tanta emozione ci ha regalato.
E’ la magia del teatro, il fascino di questo luogo sopravvissuto a secoli di storia, la forza dell’emozione condivisa, l’incanto tutto italiano della lirica.
Fuori dall’Arena si percepisce una vibrazione speciale ed è bello che questa esperienza sia per tutti: non c’è solo il red carpet, non ci sono solo gli intenditori, ci sono anche turisti, stranieri e non, di tutte le età, che domani avranno una serata magica da raccontare.
E magari tornando verso le proprie case si sorprenderanno ad intonare l’aria più celebre dell’opera, ed un sorriso apparirà sul loro volto, un sorriso carico di ricordi.
Un bel dì vedremo…
| Grazie a Fondazione Arena di Verona per la gentile accoglienza |
| Crediti immagini: ©Foto Ennevi/Fondazione Arena di Verona |